In occasione della Festa della Donna, a proposito AUGURI A TUTTE, Raidue ha mandato in onda uno spettacolo teatrale "I Monologhi della Vagina", tratto dall'omonimo bestseller della drammaturga Eve Ensler. Ovviamente niente di pornografico, ma "I monologhi della Vagina” nascono su una serie di interviste fatte alle tantissime donne di ogni età, razza, classe sociale e religione.
Hanno calcato i palcoscenici di moltissime città, e tra i più famosi quello di Broadway e di Londra, facendo sempre il tutto esaurito, nonostante i moltissimi tentativi di censura!
Nel 2000 finalmente vengono pubblicati anche in Italia e il loro umorismo trasgressivo (contenuto nei racconti che legano tutte le donne -dalla prima mestruazione, alla scoperta del sesso, al parto-) mescolato con una nota di dolore per le storie di violenza e pulizia etnica, cerca di rende più consapevoli le donne “su ciò che hanno in mezzo alle gambe”, sulla loro essenza di esser femmina...quindi non un libro femminista ma che vuole provocare, fa riflettere, mette al centro quella parte del corpo femminile che fino a non molto tempo fa sembrava quasi non avere vita propria, ma solo un utensile al servizio dell'uomo, per così dire.
Ecco alcune citazioni da questo libro:
“La mia vagina è una conchiglia, una tenera conchiglia rosa rotonda, che si apre e si chiude. La mia vagina è un fiore, un tulipano eccentrico, dal centro acuto e profondo, il profumo tenue, i petali delicati, ma robusti.”
[…]“Cominciamo dalla parola “vagina”. Nel migliore dei casi fa venire in mente un’infezione, forse uno strumento chirurgico: “Presto infermiera, mi porti la vagina”. “Vagina.” “Vagina.” Puoi dirla quante volte ti pare, ma non suona mai come una parola che hai voglia di pronunciare. E’ una parola assolutamente ridicola, non ha niente di sexy. Se la usi durante un rapporto, cercando di esprimerti in modo politicamente corretto- “Tesoro mi potresti carezzare la vagina?”- distruggi l’atmosfera all’istante.
Sono preoccupata per la vagina, per come la chiamano e come non la chiamano.
C’è chi la chiama “cosina”.[…] La chiamano anche “figa”o “fica”, “fessa”, “mona”. E ancora: “topa”, “sorca”, “bernarda”, “tana”, “farfalla”, “mortaio”e “cespuglio” ,“natura”, e poi “brugna”, “fregna”, “salvadanaio”, “cinsfornia”, “pertugio”, “gnocca”, “caverna”, “passera”, “mussa”, “boschetto”, “patata”, “patacca”, “patonza”, “meringa”. Sono preoccupata per le vagine.”
“La mia vagina è arrabbiata. Davvero. E’ incazzata. La mia vagina è furiosa e ha bisogno di parlare. Ha bisogno di parlare di tutta questa merda. Ha bisogno di parlarvi. Allora, cos’è tutta questa faccenda… C’è in giro un esercito di persone, che escogitano modi per torturare la mia povera, gentile, e amorevole vagina… che passano i giorni a fabbricare psicoprodotti e idee orrende per minare la mia passera.
Rompicoglioni della vagina!
Tutta questa merda che cercano senza sosta di spingerci dentro, per pulirci, per imbottirci, la faranno scomparire. Bene, la mia vagina non se ne andrà. E’ incazzata e se ne starà qui.”
(da “La mia vagina arrabbiata”)
“Nel 1593, nel corso di un processo per stregoneria, l’avvocato che conduceva le indagini (un uomo sposato) scoprì, a quanto pare per la prima volta, la clitoride; l’identificò come un capezzolo del diavolo, prova certa della colpevolezza della strega. Era “un piccolo pezzetto di carne, protuberante a guisa di un capezzolo, della lunghezza di un centimetro e mezzo”, che il carceriere “percepitolo al primo sguardo, non intendeva svelare, perché esso era adiacente a un luogo talmente segreto che non era convenevole a vedersi. Tuttavia, alla fine, non volendo nascondere una particolarità così strana”, la mostrò ad alcuni degli astanti. I presenti non avevano mai visto niente del genere. La strega fu condannata.
L’Enciclopedia dei miti e dei segreti della donna”
(da “La vagina: alcuni fatti”)